Comprare una barca d’epoca di legno è una scelta anche di “grande amore” e tali scelte sia, per chi è in grado di capirle, sono per la vita e scusate il paragone, forse improprio, ma che serve a rendere l’idea, l’amore per una donna, quello vero, capita una sola volta nella vita e quando hai avuto la fortuna di averlo, devi ricambiarlo con il suo, secondo la formula: amore vuole amore… le conclusioni le lascio ai veri marinai… perché dimenticavo, una buona barca ha sempre bisogno del buon marinaio
Oggi possedere una barca d’epoca in legno, grande o piccola che sia, è prima di tutto un atto d’amore, visto il tempo e l’impegno che occorre dedicare alla sua manutenzione, affinché sia sempre al top delle prestazioni e soprattutto della sicurezza che in mare non è mai troppa.
Gli appassionati delle barche in legno quando vogliono acquistarne una che abbia più di venticinque anni devono prendere in considerazione diversi elementi che motivano la scelta. Vediamo quali:
Il primo elemento che analizziamo è la scelta del cantiere ed il modello. E’ indubbio che il nome del cantiere è importantissimo, perché per quelli conosciuti è una garanzia per i materiali usati, la bontà del progetto, l’originalità del modello, la quantità degli esemplari costruiti.
E’ doverosa una precisazione: tra le barche d’epoca vi sono modelli di cantieri molto noti che hanno costi proibitivi e sono spesso motivo di culto, ostentazione… ma si tratta spesso di unità poco o per niente marine.
Ebbene quel tipo di barche le lasciamo ai loro estimatori, ma anche se bellissime a vedersi, mancano però di tutto il resto, cioè il necessario ed indispensabile che non può mai mancare in una barca “seria”, ossia navigare con sicurezza anche in presenza di condizioni meteo moderatamente avverse.
Tuttavia, mettiamo sotto la lente di ingrandimento il Mochi Craft scelto come esempio.
Il cantiere Mochi Craft fondato da Luciano Mochi, noto per la cura delle realizzazioni dei vari modelli in legno in produzione negli anni ’60, per la precisione siamo nel 1964 ed erano da qualche anno che si cominciava a sentir parlare delle carene Levi a V profondo, con pattini di sostentamento in carena posti in un certo modo, angolo di diedro allo specchio di poppa pronunciati e spesso non inferiori ai 20°, motorizzazione, per la maggiore, entro fuori bordo a benzina Mercruiser e Volvo Penta, con potenze da 110 a 230 CV cadauno, per un totale di 220 – 460 CV per imbarcazione e velocità massime comprese tra i circa 30 ed circa 40 nodi e velocità di crociera prossime ai circa 20 nodi.
Il riferimento è al Delta 24′ dell’omonimo cantiere di Anzio… Il Mochi Craft nel rapporto lunghezza 6,70 m – larghezza 2,67 m, è molto simile al Delta 24′ – lunghezza 7,02m – larghezza 2,55 m, così come per l’angolo di diedro allo specchio di poppa che in entrambi i modelli è di 20°. Altra caratteristica di progetto, l’andamento monoedrico dell’angolo di diedro della carena dalla massima ordinata alla poppa…
Insomma la carena del Mochi 22′ è, nei dati di progetto, in linea con l’andamento tecnico e commerciale del mercato di quel momento, confermato anche dalle ottime prestazioni e dalle vittorie di molte carene disegnate da Levi nella varie gare di campionato mondiale offshore, così come un modello simile a questo che per due anni di seguito si è classificato all’ottavo posto della Viareggio, Bastia, Viareggio edizioni 1979 / 1970.
Evidenzio che questa barca non è assolutamente una copia delle carene Levi descritte nelle righe, poiché ci sono sostanziali differenze strutturali, una per tutte: le carene Levi erano realizzate in listelli di quattro strati di compensato di mogano, spessore da 6 mm, incrociati a 45° tra loro ed incollati con colla resorcinica. Tali carene erano autoportanti e senza ordinate, con la sola applicazione di paratie per la divisione dei vari ambienti. Mentre in carena vi erano due longitudinali che andavano dalla paratia vano motore allo specchio di poppa. Il Mochi Craft 22′ è in compensato di mogano marino da 12 mm di spessore, con chiglia, ordinate, “longheroni-supporto motori” e correnti. Una carena che con la relativa motorizzazione indicata, evidenzia una barca con una velocità di crociera ottima e consumi contenuti. Altra considerazione importante è l’abitabilità della cabina e lo spazio nel pozzetto, che sono validi.
Importante anche lo stato degli impianti, oltre a quello generale della barca. Nel caso specifico ha avuto nel corso della sua vita diversi interventi in opera morta, viva ecc. ma dati gli anni che ha sul groppone occorre un trattamento epossidico in carena ed all’opera morta, in modo da conferire a tutta la struttura un’ottimo isolamento anticorrosivo ed all’umidità, conferendo rigidità strutturale, consentendo una vita indeterminata, navigando in tutta sicurezza.
Bello il ponte in doghe di teak massello che dopo quarantotto anni è ancora in ottime condizioni, a conferma della validità e della qualità dei materiali di costruzione. Tuttavia, devono essere smontati i tappi e le viti di fissaggio, risistemando il tutto a norma, quindi rifare i comenti che certamente in qualche punto potrebbero avere qualche piccola infiltrazione d’acqua, anche se sono stati rifatti qualche anno fa.
Una nota: nella foto qui sopra pubblicata si vedono i due oblò di prua che considero scomodissimi e fonte di inconvenienti d’uso dovuti alla posizione, Possono essere smontati e tolti chiudendo i fori, oppure far realizzare una finestratura non apribile. Per gli altri quattro oblò, che sono tutti in ottime condizioni, ma presentano inconvenienti per la scarsa efficienza d’uso, opterei certamente per una finestratura continua e fatta con elementi scorrevoli su di una struttura di acciaio inox. Vi sono diverse ditte alle quali rivolgersi portando il disegno della finestratura da realizzare. La cabina ed il profilo della tuga acquisterebbero molto con un disegno valido che migliorerebbe l’aspetto di tutto l’insieme. In questa occasione, rimossi gli oblò porterei tutto il legno dei due fianchi della tuga a nudo e lo farei rivestire con un stato di compensato di mogano da 4 mm, che darebbe un aspetto elegante alla tuga.
Lo stesso andrebbe fatto all’interno dei fianchi del pozzetto, ma con un compensato di mogano più sottile in linea con lo stile dell’epoca della costruzione. Il tutto darebbe un aspetto classico ed elegante all’insieme. Questa proposta di ristrutturazione è valida solo se la barca è usata per il diporto. Nel caso invece la destinazione d’uso fosse la pesca sportiva, opterei per la pitturazione della tuga sia all’esterno che al suo interno, per ovvi motivi di contenimento della spesa e praticità di utilizzo, visto che l’attività della pesca sporca molto e sarebbe inutile spendere soldi per legni pregiati che con uso continuo e duro si potrebbero presto sciupare. Il paiolato del pozzetto è 2 x 2 metri q, più altri 2 x 1 metri q dei coperchi vano motori realizzato in quattro pannelli. Il compensato del pozzetto è composto da tre pannelli avvitati su un telaio in traversini di legno massello avvitati ed incastrati tra loro ed altri tre rimovibili, in compensato di iroko scanalato in buone condizioni d’uso. Tuttavia, nel caso di sostituzione del fondo del pozzetto nel tempo, opterei per la stessa soluzione, ma con uno spessore maggiore.
Navigazione: Con la motorizzazione attuale l’assetto è inizialmente a bassi giri è leggermente appoppato, ma intorno ai 3.000 giri la poppa si solleva e la carena plana assumendo un assetto orizzontale. Aumentando i giri motore con progressione, la navigazione si fa fluida e la velocità aumenta visibilmente. Con mare frontale conviene navigare in planata al mascone, regolando opportunamente la velocità per evitare una navigazione dura sull’onda. Il comportamento è assolutamente sicuro, ma data la lunghezza e la distribuzione dei pesi, se si opta per una buona velocità con mare formato, la navigazione diventa un po’ dura. Insomma, il marinaio pratico sa come agire sulle manette. Suggerirei l’aggiunta di due flap.
Concludendo: chi vuole andar per mare con una barca di legno planante deve assolutamente optare per un disegno valido di carena, capace di soddisfare un’ottima risposta tecnica, oltre alle proprie esigenze. Inoltre, dati i tempi, occorre essere sobri e contenuti nella scelta e le barche valide con lunghezze contenute tra i sette ed i dieci metri sono quelle che consentono una spesa contenuta in limiti accettabili. Poi tutto dipende dal Comandante che se è un bravo marinaio, capace di mantenere in ottimo stato di esercizio la sua “creatura”, è certamente una preziosa risorsa per le sue tasche e per la vita della sua barca. Diversamente è opportuno rivolgersi a cantieri seri e competenti. Ricordo infine che acquistare una barca di legno è una scelta di vita e soprattutto passione per le belle barche e per il mare. Comprare una barca d’epoca di legno è una scelta anche di “grande amore” e sappiamo, per chi è in grado di capirle, sono per la vita. Scusate il paragone forse improprio, ma che serve a rendere l’idea: l’amore per una donna, quello vero, capita una sola volta nella vita e quando hai avuto la fortuna di incontrarlo, devi ricambiarlo secondo la formula: amore vuole amore… le conclusioni le lascio ai veri marinai… perché una buona barca ha sempre bisogno del buon marinaio…
Penso di aver dato alcuni spunti e motivazioni per scegliere una barca di legno valida da restaurare con un esempio semplice, ma valido e per ogni ulteriori spiegazioni sono a disposizione.
Giacomo Vitale